Sul versante Nord dell’Etna, in contrada Santo Spirito, vicino Passopisciaro, Mimmo e Valeria Costanzo realizzano, nel 2011, l’azienda vinicola Palmento Costanzo, ubicata su un territorio di tredici ettari con terrazze degradanti tra 600 e 800 metri sul livello del mare.

Nel Palmento si riprende la coltivazione ad alberello del vitigno autoctono, che era stata abbandonata a causa dei costi troppo elevati e della cura eccessiva che essa esigeva

Oggi Palmento Costanzo rappresenta un vero e proprio progetto di recupero delle antiche tradizioni enologiche di questo luogo (inserito tra i beni patrimonio dell’Umanità) così particolare per la produzione vinicola etnea.

Nella cantina Costanzo, Mimmo, con la collaborazione del biologo americano Galen Abbott, coltiva il Nerello Mascalese, con l’obiettivo di trasformarlo, da umile vitigno, nel re dei vini.

Nella cantina dei Costanzo, la coltivazione delle uve non è meccanizzata e tutta la lavorazione del prodotto, dalla cura delle piante alla pigiatura, segue un preciso rituale (la raccolta dei grappoli, la pigiatura, appunto, al ritmo della tarantella e il pasto consumato all’aria aperta, tutti insieme) volto all’esaltazione della naturalità, perché il vino è, e deve restare, per Mimmo Costanzo, sinonimo di festa campestre e genuinità, valori che si vuole riportare in auge, tenendo sempre uno sguardo rivolto verso l’innovazione.

L’atmosfera che si respira nel Palmento Costanzo è quella della voglia di fare, nonostante il clima non facile di questo fianco dell’Etna, dove non vi è alcun riparo dai venti provenienti dal Nord, le escursioni termiche sono ingenti e i cambiamenti climatici improvvisi.

La storia di Palmento Costanzo è dunque storia di fatica e dedizione, che non ha a che fare solo con il mero business ma soprattutto con l’amore per la Sicilia e per le tradizioni locali.

Quando si entra nella cantina Costanzo, si notano immediatamente due bellissime botti a forma d’uovo dentro le quali è custodito un nettare che racconta tutta l’avventura di Mimmo Costanzo, desideroso di produrre, sempre di più, un vino “artigianale”, che sappia conquistare anche i mercati esteri, perché unico al mondo come la zona dalla quale proviene.

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