Un genio visionario, pronto a rompere gli schemi del fashion system: questo era Alexander McQueen, definito l’ “hooligan dell’alta moda”.
Nato a Londra nel 1969, a soli quindici anni lascia la scuola per diventare apprendista presso una sartoria a Mayfair.
Nel 1994 completa gli studi alla prestigiosa Saint Martin’s di Londra e nel 1996 diventa direttore creativo della maison Givenchy: è l’anno della svolta.
McQueen si rivela l’artista dell’onirico, plasma atmosfere che stanno in bilico tra favola ed incubo e trasforma la moda in un universo di autentica creatività.
La sua è una fantasia irrefrenabile che realizza abiti surreali per creature che popolano un mondo fantastico.
Ecco allora sfilare vestiti ornati di piume, capi in metallo con dettagli animaleschi o impalpabili meraviglie in organza e chiffon.
Nella moda di Alexander Mcqueen, si mescolano il gusto per il gotico vittoriano, con le sue lugubri visioni del mondo e il romanticismo, proprio della personalità dello stilista, capace di trarre ispirazione da qualunque cosa, specialmente dalla natura e dalla storia.
Nel 2006-2007, in omaggio alle proprie origini scozzesi, Mcqueen propone la collezione Willows of Culloden, dedicata alle vedove della battaglia di Culloden nelle Highlands scozzesi.
Gli abiti in passerella hanno silhouette sottilissime che fasciano la vita e soffici bombature sui fianchi.
Romantici merletti si accostano al tartan rosso e nero e compaiono sottogonne di tulle color crema che volumizzano i bordi mettendo in risalto le curve.
Nel 2008 è soprattutto la natura ad esaltare l’immaginario dello stilista che propone la collezione The Girl Who Lived in the Tree, in omaggio all’Inghilterra e innanzitutto a Londra, città-musa che tanto lo ha influenzato.
La sua inventiva è suggestionata da un grande olmo che svetta nel giardino di casa, il quale suggerisce una serie di abiti che raccontano di principesse punk, impero britannico e regine d’Inghilterra: capi sontuosi, con i toni del bianco e del rosso che rimandano all’imperialismo inglese.
Pezzo forte è la clutch rossa che ha la forma di un uovo Fabergé, tempestata di decorazione in oro e cristalli.
Alexander Mcqueen ravviva la moda britannica che, a suo dire, era “molto depressa”, ma lo fa con maestria sartoriale, rivoluzionando senza mai perdere di vista la potenza della tradizione.
Mcqueen provoca, è un antieroe romantico che narra la storia senza mai subirla.
La sua passerella diventa proscenio di rappresentazioni di forte intensità emotiva, magnifiche, bizzarre (sue sono le “Armadillo”, le eccentriche scarpe adorate da lady Gaga).
Gli abiti di Mcqueen sono un sogno tridimensionale, fluttuante tra passato e futuro, oscurità e luce, purezza e turbamento.
Alexander Mcqueen, si suicida nel 2010, a soli quarant’anni.
Il suo stile creativo continua a splendere grazie a Sarah Burton che per quattordici anni è stata il suo luogotenente di fiducia e oggi è Direttore Creativo della Maison.
Nessuno più di Alexander McQueen ha saputo sublimare l’eccesso, raccontare l’inquietudine, farsi performance artist e non semplice fashion designer, nella costruzione architettonica di opere sartoriali in cui la ricerca introspettiva e l’esplosione degli istinti primordiali scrivono una trama che è pura, spregiudicata, avanguardia.